Legami, identità, limite.
Non è aria, a quanto sembra, per queste categorie.
Nell’antropologia come nella pedagogia, il trend sembra più indirizzato verso il culto dell’autoreferenzialità, l’elogio della diversità, l’incentivo dell’apertura illimitata e della crescita continua.
Eppure, qualcosa sta cambiando.
La soggettività moderna, che era partita così sicura, diventa consapevole dei suoi rischi e delle sue incertezze.
Nella metropoli cosmopolita si allargano i «deserti
dell’anima»: luoghi psichici caratterizzati, a dispetto dell’apparente eccitazione dello scenario post-moderno, dalla freddezza emotiva e dall’amoralità ignara del limite.
Non si tratta di opporre a questa deriva un moralismo di complemento, o qualche supplemento d’anima. Né si deve immaginare di doversi allineare alla stucchevole denuncia del nichilismo che avvolge l’Occidente.
La comprensione qui è in vista di una più consapevole empatia con le opportunità culturali di un umanesim
o non retorico, nello spazio offerto dalla condizione sociale presente.
Rimane il fatto che il soggetto autonomo ha imboccato anche la deriva – non necessaria – di un’identità perfettamente autoreferenziale. L’anima, e con essa l’umana coscienza, diviene mente e costrutto mentale; il corpo macchina e organismo biologico.
È questa semplificazione – del soggetto, come dell’umano tout-court – che ora ci complica la vita. È precisamente il filo che questo saggio insegue e dipana.
L’itinerari
o della sua ricognizione approda, non per caso, a quella esigenza di cura appassionata per l’umano-che-è-comune, in pensieri e opere (senza omissioni). La misteriosa qualità dell’umano-che-è-comune è la risorsa più decisiva di cui l’individuo dispone. È il fondamento più solido per l’elaborazione della dignità e del senso della propria singolarità esistenziale. Di quell’umano-che-è-comune, ciascuno è ospite non padrone.
Esso è il più sicuro referente del bene comune: in grado di giustificare i tra
tti – non negoziabili e non dispotici – di un patto sociale eticamente vincolante. Alla prova del suo stesso limite.
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