Dai Sijie | |
Accade talvolta che un romanzo di autore ignoto – e magari con un nome difficile da pronunciare – incanti d’un colpo i lettori più disparati per una certa irresistibile freschezza, per la sua capacità di lasciar sgorgare la narrazione senza che il lettore faccia in tempo ad accorgersi di esservi già immerso. È accaduto in Francia con Balzac e la Piccola Sarta cinese, che nel giro di poche settimane è diventato il romanzo che tutti leggevano, consigliavano agli amici, avevano voglia di regalare. La storia è remota ma parla a ciascuno di noi: perché racconta di come la lettura, grazie alla segreta malia di una misteriosa, preziosissima valigia di libri occidentali proibiti, riesca a sottrarre due ragazzi, colpevoli soltanto di essere figli di «sporchi borghesi», a svariate torture e permetta anche a uno di loro di conquistare la «Piccola Sarta cinese». Così, pur vivendo in mezzo agli orrori della «rieducazione», i due ragazzi e la Piccola Sarta scopriranno, in virtù di qualche goccia magica di Balzac (e di Dumas, e di Flaubert, e di Kipling), che esiste un mondo fatto di pura, avventurosa bellezza. Attraversando, nel frattempo, loro stessi rocambolesche avventure: come quando, per vincere la diffidenza del capo del villaggio dinanzi a un oggetto ignoto – un violino –, il giovane Luo annuncia agli astanti sbigottiti che ascolteranno una sonata dal titolo Mozart pensa al presidente Mao. Balzac e la Piccola Sarta cinese è apparso in Francia nella primavera del 2000.
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