Carl
Schmitt
La
tirannia dei valori
A cura di
Paolo Becchi
Pubblicato
in un’edizione fuori commercio nel 1960 e riedito ampliato nel 1967, questo
scritto di Carl Schmitt appartiene alla categoria dei saggi essenziali. In poche
pagine, con lucidità cristallina, Schmitt mostra la logica sottesa non solo a
ogni filosofia dei valori, ma intrinseca al concetto stesso di valore.
Ricondotto per lo più all’etica, ma per Schmitt di origine e natura
economica, ogni valore postula un
giudizio di disvalore su tutto ciò che gli si oppone, sfociando
necessariamente, per riprendere l’espressione di Nicolai Hartmann, in «una
tirannia dei valori».
Una
riflessione affine a quella di Heidegger sulla filosofia dei valori come figura
del nichilismo, che aiuta a smascherare il volto demoniaco di un concetto
apparentemente edificante: «Il disvalore non ha alcun diritto di fronte al
valore, e per l’imposizione del valore supremo nessun prezzo è troppo alto.
Per questa ragione vi sono annientatori e annientati».
Ma queste pagine hanno innanzitutto una pertinenza giuridica, volta a
mostrare gli esiti di quello che oggi va sotto il nome di «neocostituzionalismo»,
quella particolare interpretazione della costituzione che mira
all’applicazione diretta dei suoi valori. Schmitt oppone l’idea che «sia
compito del legislatore e delle leggi da lui poste stabilire la mediazione
attraverso regole calcolabili e attuabili, ed evitare il terrore
dell’attuazione diretta e automatica del valore». Pagine classiche, più che
mai da rileggere per orientarsi in un tempo nel quale la sirena dei valori non
smette di incantare.
L'autore
carl
schmitt (1888-1985)
è considerato uno dei più grandi e controversi giuristi del secolo XX.
Le sue principali opere sono state tradotte da Giuffrè, Il Mulino e Adelphi.