Chiara Frugoni
L'affare migliore di
Enrico
Giotto e la cappella
Scrovegni
Contributi di
Attilio Bartoli Langeli, Riccardo Luisi
Dante
pose tra i dannati dell'Inferno il padre di Enrico Scrovegni, Rainaldo,
bollandolo come usuraio. Per molto tempo questa condanna ha portato ritenere che
il figlio avesse fatto erigere la cappella padovana per espiare i propri peccati
di usura, e quelli del genitore.
Il libro di Chiara Frugoni capovolge questa tenace interpretazione, accolta
ancora di recente. Enrico, banchiere, imprenditore e uomo politico, attraverso
Giotto volle proclamare il buon uso delle ricchezze, se impiegate in opere
caritative, e presentarsi con il volto del mecenate.
A questa tesi l'autrice giunge esaminando da una parte numerosissimi documenti
d'archivio e il lungo e appassionato testamento del committente - rimasto fino
ad oggi inedito, e qui pubblicato, tradotto e puntualmente commentato da Attilio
Bartoli Langeli -, dall'altra analizzando scena per scena gli affreschi,
riprodotti nel ricco apparato illustrativo.
Un'attenzione particolare è riservata da Chiara Frugoni alla fascia dei Vizi e
delle Virtú alternati a finti marmi (questi ultimi indagati nel loro
significato da Riccardo Luisi), letta come la parte piú personale di Enrico.
Il saggio, intrecciando con grande finezza fonti testuali e iconografiche,
disegna una biografia nuova e sorprendente di Enrico Scrovegni, desideroso di
catturare attraverso il programma pittorico il consenso e la gratitudine dei
concittadini.