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Piccolo frutto rosso, frammento di Pace.
 Nelle trincee del Monte Piana, la storia di un uomo: Magg. Bosi, Cav. Angelo


Nel corso,ormai lungo,di questo straordinario viaggio che mi ha condotto a ripercorrere le “Strade dei silenzi”, mai avrei pensato di imbattermi ancora una volta nel dolente e pensoso Monte Piana anche se – ogni volta che salgo lassù – penso che poco so dell’eroe che legò ad esso il proprio nome fin dai primissimi giorni di quella guerra forse già troppo lontana.
E così, per caso, come per caso accadono molte cose nella nostra vita, in un piccolo paese del Piemonte – con l’aiuto di un amico – ho ritrovato tracce di quell’eroe nelle cui vene scorreva sangue di Romagna, che trovò l’amore in terra piemontese, che consacrò la sua vita fra le vette del Cadore.
Forse ci siamo troppo preoccupati delle battaglie, del numero dei caduti e dei feriti.
Abbiamo voluto forse essere sempre troppo certi di ciò che accadde lassù, fra i monti, senza tenere conto che quella guerra era ed è diversa.
Un guerra antica dove ancora non era necessario nascondersi dietro i comandi di sofisticate attrezzature per sfuggire al nemico, ma bastava un masso per tramare insidie ed agguati.
Una guerra agli albori di un nuovo secolo in cui solo timidamente la tecnologia si faceva avanti lasciandosi alle spalle le guerre del Risorgimento.
Una guerra in cui l’uomo sopravvive in una sorta di purificazione.
Una guerra in cui il patriottismo, il cameratismo, il senso dell’onore e del dovere, il senso della famiglia emergono in un anelito di vita e di speranza.
C’è qualcosa oltre la guerra.
C’è qualcosa oltre la morte.
Ed inoltre: “...lassù, nello splendore del mondo alpino, tutto è verità e le meditazioni si fanno più vaste e più profonde. Lassù, alle altitudini eccelse il vero e l’umano non hanno difficoltà a farsi strada...” (Cap. Giovanni Sala).
La guerra trascende, diventa quasi bella.
I suoi protagonisti sono sempre, comunque, degli eroi.
E quassù, si può pensare alla Morte come ad una Speranza.
Forse la “Speranza” fu l’ultimo pensiero del Magg. Bosi.
Forse, chiudendo gli occhi per sempre, egli pensava ancora alla vita e all’amore.
Forse, il suo sacrificio, era soltanto la realizzazione di un ideale da sempre racchiuso nel cuore.
Per questo ho voluto ricordare quest’uomo la cui storia è arrivata fra le mie mani in forma di piccoli struggenti ricordi: le lettere della moglie; il testamento; le fotografie; i ritagli dei giornali di quel tempo; il “fazzolettone” che portava con sé il giorno della morte ancora intriso del suo “piccolo frutto” rosso; la stanza da letto con i mobili che l’avevano seguito anche in Cadore e che la moglie - Maria – curava nella piccola casa di Auronzo dove gli sposi soggiornavano anche a guerra iniziata;  la determinazione di voler a tutti costi continuare ad indossare la divisa nonostante gravi problemi di salute... e poi l’AMORE assoluto per tutto ciò in cui credeva...
Si spense a Monte Piana, colpito da un cecchino austriaco il 17 luglio 1915 lasciando i suoi uomini privi del loro duce, del loro capo del loro maestro.
Il Magg. Bosi era un soldato che aveva il sacro dono di comandare gli uomini e indossava la divisa quasi fosse una missione apostolica.
Per questo ho voluto questo titolo: “Piccolo frutto rosso, frammento di pace”.
Si, un piccolo frutto rosso, pegno del tempo che non c’è più e quello che scorre veloce a raggiungere i ricordi.
Senza ragione, senza perché, ho visto nella mente nascere una piccola storia.
Da tanto tempo attendeva silenziosa, sepolta in un limbo di cuore dismesso e lontano.
Un’anziana signora, Maria, che custodisce nel cuore un amore.
Un “Angelo”.
Anche quel lontano 17 luglio 1915 aveva mandato al fronte, al suo “Angelo”, un frutto rosso, rosso come il sacrifico che egli ci donò.
Rosso come l’amore che ella – ancora giovinetta – portò per sempre con sé.
Una storia viva ed appassionata, struggente e melanconica ad un tempo.
AMORE è la prima parola: di Angelo per la Patria e per Maria.
AMORE di Maria per quell’uomo semplice e carismatico a cui, senza chiedere nulla, ella legò la propria vita.
E la storia comincia da qui, dove quasi per caso mi sono trovata, ad Azeglio, dove il Magg. Bosi riposa in un piccolo cimitero che si sporge - come balcone – verso la dolcezza della pianura piemontese.
Ha al suo fianco l’adorata sposa.
Ha sul petto il fiore rosso del sacrificio.
Stringe ancora, fra le mani, il suo frammento di PACE.
Un uomo sicuramente da ricordare: non era un alpinista. Non era “Uomo di Montagna”.
Ma i Monti erano parte della sua adorata Patria.
Era un soldato.
Forse fra i più nobili.
Forse fra i più puri.
Forse fra quelli che veramente fecero della divisa “il vestito di tutti i giorni”.
Breve fu la “sua guerra”, ma così vissuta che egli ne divenne il simbolo.
Allora, come ora.
“Angelo” visse la sua storia con l’incanto negli occhi e la speranza nel cuore.
Angelo creò qualcosa che gli apparteneva e gli apparterrà per sempre.
Non fu soltanto un sogno rapito.
Fu un piccolo frammento di Pace.
Salendo lassù, al Monte Piana,  entrando nel rifugio accogliente e ricco di storia, ricordiamo che è dedicato a quest’uomo, un uomo nobile e generoso e di cui troppo spesso non ci chiediamo: “chi era!?”...


Note tecniche.
Il libro è edito dalla grafica Sanvitese, il quindicesimo che ho pubblicato con questa casa editrice.
178 pagine
Fotografie in bianco e nero, molte inedite, provenienti dalla famiglia della moglie del Magg. Bosi, la Fam. Riconda che abita nel piccolo paese dove l’ufficiale è sepolto.
Il libro non contiene itinerari, ma è solo da leggere.