Un documento storico e umano eccezionale: un
carnefice che racconta la carneficina a un suo ex nemico.
Dopo tanta letteratura spazzatura (si veda, da ultimo, il romanzo pulp Le
benevole di Jonathan Littell),
dove ciascuno si è inventato il nazista perverso che gli serviva,
finalmente la confessione dalla viva voce di un rappresentante vero e
terribile della banalità del Male.
Un comandante partigiano polacco, appartenente alle formazioni non
comuniste, e per questo rinchiuso dopo la guerra in prigione e condannato a
morte, condivise per 255 giorni (dal 2 marzo all’11 novembre 1949) la
cella con uno dei più efferati carnefici nazisti: il generale delle SS
Jürgen Stroop, organizzatore dello sterminio di 550 000 ebrei galiziani e
di 71 000 prigionieri del ghetto di Varsavia. «Semplici e sincere sono le
confessioni degli incarcerati dinanzi all’inevitabile», nota Moczarski
ricordando che Stroop, il quale ignorava la vera natura del suo
interlocutore, si abbandonò, giorno dopo giorno, a un racconto dettagliato
della sua storia personale e delle sue «azioni di guerra».
Egli (diversamente da quanto fece nel processo) si vantò dei risultati
delle sue azioni e giustificò il comportamento dei tedeschi con le
umiliazioni subite dopo la prima guerra mondiale.
Stroop fu giustiziato il 6 marzo 1952, mentre Moczarski fu liberato e
riabilitato il 24 giugno 1956. Dedicò il resto della sua vita a scrivere
questo libro.
La sua eccezionale memoria di giornalista e cospiratore gli permise di
ricostruire quelle conversazioni con il carnefice nazista, disponendo il
materiale in ordine cronologico e verificando, tramite ricerche
d’archivio, l’esattezza di ogni informazione fornitagli dal suo
interlocutore.
Il risultato è un libro di grande forza, anche letteraria,
ricchissimo di notizie poco note e basato su un’analisi profonda e diretta
della forma mentis di un carnefice nazista.
Lo storico Adam Michnik (uno dei protagonisti del dissenso in Polonia e
autore, tra l’altro, di un fortunato libro pubblicato nel 2007 dalla
Bollati Boringhieri: Il pogrom) ha scritto appositamente per l’edizione
italiana un’introduzione che mette in luce l’unicità di quest’opera e
la forza d’animo del suo autore
Postfazione di Adam Michnik
Traduzione di Vera Verdiani
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