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Lectio divina sulla Prima Lettera
a Timoteo
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Con l’affetto e la preoccupazione di un padre, Paolo, l’apostolo
delle genti, durante il suo viaggio in Macedonia – forse tra gli anni
65-66 d.C. – scrive al giovane episcopo Timoteo per metterlo in guardia
dai falsi dottori che sono presenti nella città cosmopolita d’Efeso.
Per una lettura più vicina al nostro tempo del testo paolino, ci
conforta sapere che Timoteo restò uno dei pochi collaboratori di Paolo
interessato in modo genuino al Vangelo e alla missione.
L’apostolo delle genti è di stimolo per quanti, vescovi, presbiteri
(soprattutto parroci un po’ delusi e scoraggiati per gli insuccessi
personali e comunitari dell’evangelizzazione e della catechesi o perché
provati nel corpo e nello spirito), diaconi, laici impegnati, genitori,
giovani, anziani, si sentono soli nella fede o poco sostenuti
nell’esperienza dell’annuncio. In modo molto elementare, Paolo sembra
dirci: “L’importante è crederci e trovare qualcuno che ci sostenga nel
nostro progetto di missione”; e la stima per Timoteo sta a indicare che
almeno qualcuno lo ha sostenuto e gli ha dato un grande aiuto nel
perseverare
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L'autore
Edoardo Scognamiglio dottore
in teologia (1997) e in filosofia (2005), insegna teologia dogmatica presso
la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale (Napoli) e si
occupa di dialogo interreligioso e dell’islam presso la Pontificia
Università Urbaniana.
Presso il Convento San Francesco in Maddaloni (Caserta) dirige il Centro
Studi Francescani per il Dialogo interreligioso e le Culture. È impegnato
in notevoli centri accademici per lo studio e la promozione del Dialogo,
collabora a molte iniziative editoriali, a riviste e giornali, ed è tra i
massimi esperti dell’opera letteraria di Kahlil Gibran
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