Dal logos
greco al dialogo delle civiltà
.
È noto come, nel
suo Discorso del 12 settembre 2006, presso l’università di Regensburg,
S.S. Benedetto XVI sia tornato a coniugare la tradizione cristiana con
quella che in Grecia vide fiorire il primato del lógos. Risuonarono allora
le parole dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo: «… non agire
secondo ragione, è contrario alla natura di Dio».
E, per contrappunto, la rilettura giovannea del primo versetto della
Scrittura: «In principio era il lógos».
Nella lezione del Pontefice, l’avvio del quarto Vangelo siglava un punto
fermo nella tradizione cristiana, ma anche un principio fondativo del
pensiero stesso e un riferimento inevitabile nel dialogo interculturale.
Ma che cosa intendere propriamente per lógos?
Se ne deve parlare solo nei modi propri dell’eredità greca?
Lo stesso messaggio biblico può essere decodificato soltanto all’interno
di quella eredità?
.
A queste domande se ne aggiunge una più radicale, nel tempo in cui si fa più
urgente il dialogo fra le diverse culture e le diverse tradizioni religiose.
Non dobbiamo pensare piuttosto a una molteplice declinazione di un unico lógos
nel cuore delle diverse tradizioni culturali?
Il compito resta allora quello di precisare quale sia l’ampiezza del lógos
su cui fondare il dialogo interculturale.
È in questa prospettiva che si
è articolato il LXII Convegno del Centro di Studi Filosofici di Gallarate
sul tema «Multiculturalismo
e forme del lógos», tenutosi
nel settembre del 2007.
Le risposte emerse nel corso del convegno si sono profilate su diversi
livelli, mettendo fra l’altro a confronto l’eredità evangelica e quella
islamica. Si è così costituito un articolato ripensamento delle questioni
poste dal discorso di Regensburg.
Se da un lato, ripercorrendo la nozione greca di lógos, se ne è avvertita
la congruenza con i sensi ultimi del messaggio evangelico, si è dovuta
anche avvertirne la differenza rispetto alla visione giovannea del Verbo,
quale irruzione nel tempo, libertà, paradossale intreccio di forza e
debolezza.
Analogamente, e secondo diverse prospettive, si è potuto riconoscere come
le tradizioni di fede, cristiane e non cristiane che siano, non risultano
contraibili sotto la presa egemonica di una sola forma di razionalità.
Il confronto fra le diverse professioni religiose esige l’ascolto di una
comune origine, ma ad un tempo il reciproco incontro delle sue molte
versioni.
Il curatore
Virgilio
Melchiorre è professore emerito di Filosofia morale.
Ha insegnato Filosofia morale presso la Facoltà di Lettere e filosofia
dell’Università di Venezia dal 1975 al 1979 e successivamente presso la
Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università Cattolica di Milano. Nel
2000 è passato a insegnare, nella stessa Facoltà, Filosofia teoretica,
insegnamento concluso nel 2003 per raggiunti limiti di età. Fra le sue
pubblicazioni si segnalano: La coscienza utopica, Milano 1970;
L’immaginazione simbolica, Bologna 1972; Corpo e persona, Genova 1987;
Metacritica dell’eros, Milano 19872; Analogia e analisi trascendentale.
Linee per una nuova lettura di Kant, Milano 1991; Essere e parola, Milano
1993; Figure del sapere, Milano 1994; La via analogica, Milano 1996; Al di là
dell’ultimo, Milano 1998; Studi su Kierkegaard, Genova 1998; Ethica,
Genova 2000; Dialettica del senso, Milano 2002; Qohelet o della serenità
del vivere, Brescia 2006; Essere persona, Milano 2007
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