. Le
raccolte epistolari del Cinquecento tra inquietudini religiose e "buon
volgare" .
Dal 1538, anno d’uscita delle Lettere di
Aretino, il mercato del libro italiano, e veneziano in particolare, viene
invaso da centinaia di edizioni di raccolte epistolari.
Dalle operazioni editoriali più prestigiose affiora l’attività di alcuni
importanti correttori e letterati-editori del Cinquecento: Lodovico Dolce,
Francesco Sansovino, Girolamo Ruscelli e poi il grande stampatore-umanista,
Paolo Manuzio, che con le sue Lettere volgari crea un vero,
plagiatissimo best seller.
L’intento dichiarato è la divulgazione di modelli ‘alti’ per scrivere
lettere in un buon volgare, ma accanto alle tematiche umanistiche queste
raccolte danno ai lettori anche informazioni politiche e militari sui
drammatici eventi delle guerre d’Italia e offrono un quadro delle tensioni
religiose dell’epoca.
Non è un caso che, con la stretta controriformistica, il genere delle
raccolte epistolari cambi drasticamente, perdendo la vivacità che l’aveva
caratterizzato e lasciando sempre più spazio allo stereotipato libro per il
segretario. «In questo modo il libro di lettere veniva depotenziato di ogni
riferimento alle vicende contemporanee e svuotato di ogni pericolosità.
Era la fine di un percorso legato alla stagione di un
umanesimo che aveva saldamente tenuto insieme le humanae litterae e i
valori religiosi.»
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