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L’architettura di sopravvivenza.
Una filosofia della povertà
Yona Friedman
«Un’architettura può essere considerata architettura di sopravvivenza se non rende difficile o, meglio, facilita la produzione di cibo, l’approvvigionamento di acqua, la protezione climatica
, la salvaguardia dei beni privati e collettivi, l’organizzazione dei rapporti sociali e la soddisfazione estetica di ciascuno».
A chi spetta il diritto di decidere in materia di architettura?
Come assicurare questo diritto alle persone cui esso spetta?
Come farlo in un
mondo che va verso una povertà crescente?
Come sopravvivere in tale mondo? Sono queste le domande a cui Yona Friedman cerca di rispondere nel presente libro, che non vuole lanciare l’ennesimo attacco all’architettura moderna, ma tentare di proporre soluzioni che rispettino le condizioni di sopravvivenza della specie umana.
Di fronte agli attuali problemi di impoverimento e di esaurimento delle scorte diventa indispensabile un’architettura «povera» che riscopra i valori naturali e le tecniche compatibili co
n un modo di vita più sobrio. Risponde a queste esigenze l’architettura di sopravvivenza. Essa, a differenza dell’architettura classica che mira a trasformare il mondo per renderlo favorevole all’uomo, cerca di limitare le trasformazioni conservando solo le più necessarie perché l’uomo sia in grado di sopravvivere in condizioni sufficientemente favorevoli. In altre parole, l’architettura classica trasforma le cose per adeguarle all’uso umano, mentre l’architettura di sopravvivenza prova a trasformare il modo in cui l’uomo impiega le cose esistenti. L'autore
Yona Friedman è nato a Budapest nel 1923. Vive e lavora a Parigi. Ha insegnato presso diverse università americane e collaborato con le Nazioni Unite e l’Unesco. Tra i suoi numerosi libri, in traduzione italiana: Per un’architettura scientifica (Officina, Roma 1971); L’architettura mobile (Edizioni
Paoline, Alba 1972); Utopie realizzabili (Quodlibet, Macerata 2003). M |