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Nel processo che vedrà la sua condanna a morte, Socrate si presenta al popolo ateniese come il dono del dio alla città.
Da allora un filo rosso collega la filosofia all'atto di donare. Anzi, la domanda classica su che cos'è la filosofia? si riverbera nell'altra, che torna a chiedersi, da Seneca a Mauss fino a
Derrida, ossia dall'antichità ad oggi, che cos'è un dono?
Il dono di sé e il dono anonimo: tra queste due forme del donare il libro tenta di rispondere alla domanda sull'essenza della filosofia. Vi si
sostiene la tesi che il tratto distintivo della filosofia va in direzione ostinatamente contraria rispetto alla marcia del pianeta dietro il vessillo dell'utile e del profitto e alla sua immane accelerazione nel fondamentalismo economico degli ultimi decenni. Se l'utile, come ammoniva
Schiller, «è il grande idolo del tempo, a cui tutte le forze debbono servire e a cui tutti i talenti debbono rendere omaggio», quello filosofico è l'atto antiidolatrico e iconoclasta per eccellenza, che interrompe il circuito
dell'utile e dell'interesse, ma anche, in qualche maniera, del sapere stesso, rappresentando il modo, ogni volta diverso per stile e strumentazione concettuale, con cui la filosofia ottiene il suo scopo originario.
Che non è la conquista del reale, ma la sospensione del suo assolutismo, ovvero la divisione dei poteri che ne costituiscono la presa.
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