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Gli abitanti del Nordest sono davvero così antipatici come si dice? Freddi, spenti, saccenti e poco affabili?
Intolleranti e chiusi nei loro pregiudizi, ossessionati dagli schèi, facili al lamento e incapaci di lasciarsi andare alla gioia di vivere?
Si tratta di un luogo comune o c'è un fondo di verità in tutto questo? Gian Mario
Villalta, che in quella terra ci è nato e non ha mai smesso di viverci, dopo aver scoperto con sorpresa e rammarico che la cattiva fama dei
"nordestini" si è ormai diffusa anche tr
a amici insospettabili, ammette a denti stretti che gli interessati hanno le loro responsabilità. E dà così vita a una riflessione rigorosa e leggera al tempo stesso sulle ragioni storiche che hanno alimentato il malessere in quest'area del Paese, così vitale per l'economia. L'anomalia del Nordest, suggerisce
Villalta, si può forse riassumere nel contrasto tra la sua centralità economica e la sua marginalità rispetto alla politica nazionale e al sistema dei media. Una marginalità che genera insoddisfazione,
una certa diffidenza e una bella dose di autoreferenzialità della cultura locale. Ma alla base di questo disagio c'è una storia complessa. Quella di un mondo contadino, povero e angusto - ma dotato dei suoi punti di riferimento e del suo rassicurante buonsenso (la vocazione ai "sacrifici", l'etica del "debito" e della "colpa") - brutalmente travolto da uno sviluppo economico tanto impetuoso quanto tardivo, dispensatore di benessere e di opportunità, ma pieno di zone d'ombra. Un'epica del progresso "fuori tempo" che si è realizzato attraverso gli scontri generazionali tra padri e figli. Uno sviluppo irrequieto e scomposto, in cui il sistema dei valori non è riuscito a tenere il passo dei mutamenti economici e sociali, in cui non si è stati capaci di trovare un equilibrio tra il vecchio e il nuovo.
Villalta, per riannodare i fili di una vicenda solo apparentemente "locale", ma che riguarda invece la storia di tutto il nostro Paese, si affida a ricordi personali, alla sua esperienza di docente, a suggestioni letterarie e geografiche e a storie di paese. La ricchezza che cambia il volto del Triveneto assume così le fattezze di personaggi come Gigi
Verardi, che fa fortuna mettendo insieme mobili sgangherati in quella che fino a ieri era una stalla. O di Encio
Carniel, che squadra pannelli nel garage del padre e si presenta all'osteria con i capelli ancora pieni di segatura. Un "lavoro da bestie", il suo, ma che gli consentirà in breve tempo di tornare all'osteria con l'ultimo modello di
Bmw. Storie minime, forse, ma che raccontano, meglio di ogni riflessione, chi siamo diventati. M |