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L’incontro con la bellezza può lasciarci incolumi?
La sua gioia novella può sbocciare senza frantumare all'istante dentro di noi ciò che era troppo vecchio per lei, attraverso quella ferita che solo l’invulnerabile sa infliggere?
La sua sovrabbondanza su tutti i nostri possibili annuncia nella prossimità l’offerta della lontananza. Ciò che ci afferra resta inafferrabile e, come per altri, lo è tanto più quanto più si avvicina.
Così Platone fa dello sgomento il primo regalo della bellezza, mentre per Dostoevskij e Rilke essa altro non è che l’inizio del terribile. Questa gioia dolorosa, smisurata come ogni amore, è la dimensione dimenticata dall’estetica, che la relega nel sublime, distinta dal bello.
Il saggio, indaga lo choc provocato dall’incontro con la bellezza quando essa si manifesta all’uomo.
L’uomo ne resta trafitto, sgomento, cambiato irrimediabilmente, ma tale ferita lo rivela a se stesso, aprendolo a ciò che lo eccede. Colpito da questa gioia dolorosa, l’uomo non
può che celebrare la bellezza.
Nel saggio vi è un’indagine quasi carnale e corporea dell’incontro, dell’abbraccio, della rivelazione dell’Essere, considerato l’evento nel quale l’uomo è attratto dalla bellezza e ne esce sublimato e sgomento.
Prefazione di Fabrice Jadjadj
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