Federico Bozzini, storico e narratore veronese prematuramente scomparso, nel 1985 dà alle stampe un volume prezioso, L’arciprete e il cavaliere, affascinante fin dal titolo, per le Edizioni del Lavoro della CISL. Il libro, che Santi Quaranta ora ripropone, è pacato ma lascia filtrare una sorridente ironia; non è aggressivo, non è sciovinista. Si sviluppa attraverso un’armoniosa struttura, scandagliando con realismo e onestà gli avvenimenti risorgimentali che sconvolsero il Veneto nell’ottobre del 1866, dopo
la terza guerra d’indipendenza contro gli austriaci.
Bozzini parte dal microcosmo di Cerea per una lezione storiografica acuta e pertinente che vale per tutto il Veneto. A confrontarsi, nella cittadina della Bassa Veronese, sono mons. Luigi Bennassuti, arciprete e dantista, amato dalla popolazione bracciantile delle Valli, e Giuseppe Morgante, il cavaliere, il notabile, l’esponente della classe “intelligente e patriottica” che ha preso il potere dopo il ritiro degli asburgici. Il 12 ottobre 186
6 entra in Cerea il primo reparto di artiglieria italico, l’arciprete filoaustriaco se ne va, lasciando il campo al “cavaliere”.
Bozzini scava a fondo e tratteggia il vero volto del Risorgimento, movimento politico di pochi: di agrari, bottegai, professionisti, qualche intellettuale e anche qualche canonico; sostanzialmente il suo profilo concreto fu antipopolare, militarista e anticattolico. Bozzini registra accuratamente i guasti sociali che portarono a una crescente miseria, all’immane emigr
azione di quel periodo, alla soppressione degli organismi di beneficenza e di quelli socio-comunitari come le terre comunali che permettevano all’indigente di far pascolare la mucca, di cacciare e di pescare, favorendo ancora di più il terribile flagello della pellagra.
Lo storico e narratore veronese scrive pagine memorabili sul Plebiscito di adesione dei veneti al Regno d’Italia del 21 e 22 ottobre 1866, che si svolse senza procedure, in maniera antidemocratica, violenta e farsesca, servendo
si, per realizzarlo, “della testa e della bocca” dei preti avversari. I ragazzotti della borghesia agraria assicurano l’ordine e anche l’esito del plebiscito savoiardo costituendosi in Guardia Nazionale, nella quale serpeggia lo squadrismo manganellatore e liberticida.
Bozzini ha il merito di consegnare al lettore un affresco che giunge fino al primo decennio del ’900: un affresco vasto, convincente e documentato di tutta un’epoca e di tutto un popolo, mediante una lingua che ha la forza e la
nitidezza proprie dello scrittore autentico.
Collana storica
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