Con un occhio rivolto a Google e l’altro a Marx, l’autore analizza il mondo dell’informazione guardando agli sconquassi del mercato editoriale internazionale, per individuare perdenti e vincenti di una guerra che sta selezionando la specie del giornalismo.
Il brulicare di infiniti produttori di comunicazione al tempo dei social network comporta una mutazione professionale del profilo del giornalista: non più disvelatore esclusivo della notizia, ma selezionatore, decifratore, e soprattutto copro
duttore dei nuovi sistemi intelligenti che tendono sempre più a sostituirsi alla meccanica redazionale.
Nel centenario della nascita di Marshall McLuhan – come spiega nella prefazione Derrick de Kerckhove, già direttore del McLuhan Center di Toronto e riconosciuto erede del fondatore della mass-mediologia moderna – si conferma l’intuizione del computer come protesi del cervello umano, che disintermedia le funzioni delegate.
Convinto che questa sia più una chance che una iattura, Mi
chele Mezza – giornalista di lungo corso e ideatore di Rai News 24 – prova a delineare la figura di un nuovo mediatore, capace di governare le potenze tecnologiche, di declinare linguaggi sociali, di dare un’anima all’informatizzazione della vita, a patto di bruciare ogni nostalgia e conservatorismo.
Con la convinzione, condivisa da Pier Luigi Celli – in passato direttore generale della Rai e oggi direttore della Luiss di Roma –, che i tempi siano ormai maturi per una svolta radicale. Ne sortis
ce una concreta proposta alternativa di giornalismo, che prefigura filiere produttive, soluzioni editoriali, organizzazioni redazionali capaci di dare al sistema Italia l’ambizione di non essere solo magazzino o retrobottega di una comunicazione «importata».
Il messaggio è che il giornalismo ha un grande futuro, oltre che un passato, e che i giornalisti devono rimettersi in gioco con la certezza che l’informazione digitale è un’impresa culturale troppo importante per lasciarla solo ai giornalis
ti. Ma che diventa impossibile senza di loro.
|