8 settembre 1943: dopo la proclamazione dell'armistizio da parte del maresciallo Badoglio e la fuga di Vittorio Emanuele III e del governo a Brindisi, i militari italiani, abbandonati al loro destino, si trovarono di fronte a una drammatica scelta: stare con il re o con il duce? Seguirono ore febbrili, durante le quali i tedeschi, i nuovi nemici, non faticarono molto a impadronirsi della parte non ancora liberata della penisola. Contro di loro ebbe inizio la Resistenza.
Con questo termine s'intende, in
genere, la Resistenza partigiana, attiva soprattutto dal giugno 1944, giacché la storiografia ufficiale pare avere dimenticato la dolorosa vicenda dei tanti militari che, in obbedienza agli ordini ricevuti e mantenendo fede al giuramento prestato, rifiutarono di arrendersi ai nazisti e morirono combattendo, non soltanto in Italia ma anche nei Balcani, in Corsica, nelle isole dell'Egeo e nelle altre lontane località presidiate dalle nostre truppe.
Arrigo Petacco e Giancarlo Mazzuca onorano il
loro sacrificio e, con l'ausilio di documenti storici e testimonianze dirette di coloro che si trovarono a vivere quelle ore cruciali, ridanno voce a una memoria ingiustamente trascurata.
Fra i primi caduti della Resistenza sono da annoverare i duemila marinai che, comandati dall'ammiraglio Carlo Bergamini, si trovavano a bordo della nave da battaglia Roma: la sera stessa dell'8 settembre, senza una sola diserzione, raggiunsero i loro posti di combattimento nella squadra navale che salpò dalla Spezi
a diretta a Malta e fu attaccata dai tedeschi durante la navigazione.
Con racconto vivido e partecipe, si rievoca poi il tragico destino delle migliaia e migliaia di militari che morirono a Cefalonia, a Lero, in Iugoslavia e in Albania, e quello dei seicentomila internati che, preferendo languire nei lager tedeschi piuttosto che cedere alle lusinghe della Repubblica sociale, non godettero dello status di prigionieri di guerra, tutelati dalle convenzioni internazionali, e furono costretti a sott
ostare a condizioni di vita disumane.
Fra loro, Giovannino Guareschi e Alessandro Natta, futuro segretario del Pci, che per anni non poté pubblicare le sue memorie perché ritenute non «politicamente corrette». Vengono infine ricordati i militari «resistenti» (alpini, bersaglieri e paracadutisti) che, riuniti nel Corpo italiano di liberazione, combatterono a fianco degli Alleati formando poi i Gruppi di combattimento, il cui apporto fu determinante nell'ultima fase della guerra.
La
Resistenza tricolore compie un ulteriore, auspicato passo verso la ricostruzione di una memoria condivisa e testimonia come in quei giorni drammatici ogni scelta personale costituì un tassello fondamentale nel mosaico della storia collettiva del nostro paese.
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