Che cosa si può trovare all’interno di un orfanotrofio di un piccolo villaggio ungherese, tra bambini cresciuti in un limbo affettivo il cui solo pensiero ci spaventa? Tra piccoli esperti nell’arte del baratto, capaci di trasformare ogni piccola oggetto e ogni insignificante gesto in un tesoro? Nicola Lecca, che ha avuto lo spunto per La piramide del caffè dopo la visita a un orfanotrofio ungherese, quello che ha poi fatto da modello per le pagine intense e dirette del libro, non h a dubbi: la felicità. E in effetti nelle descrizioni della vita in orfanotrofio non c’è ombra di tristezza, ci sono invece tracce sottili di passione per le piccole cose e di desideri che diventano sogni e che per Imi hanno un unico volto, Londra. Nicola Lecca possiede una scrittura piena e avvolgente, talmente carica di sensazioni da non lasciare mai vuoti tra una parola e l’altra. Così, un tempo, si scrivevano le favole. E questa lo è. Una favola moderna con un protagonista dalla purezza disarmante che si muove nell’irrequieta e contraddittoria Londra di oggi come se si trovasse in un bosco incantato. Londra, però, non è un luogo da fiaba e ben presto rivela a Imi quel lato oscuro che lo costringe a rifare i conti con la propria ingenuità. Assecondare un sogno non significa per forza restarne vittima e, pur uscendo dall’incanto, Imi non smarrisce l’entusiasmo. Con i direttori della Proper Coffee nei panni dei cattivi prepotenti e usurpatori, Imi in quell i dell’ingenuo di buon cuore che finisce nei guai, il libraio e la scrittrice in quelli di cavalieri senza macchia e senza paura che accorrono in suo soccorso, la favola deliziosa e graffiante di Nicola Lecca lascia nel lettore una vibrante sensazione di tranquillità e felicità. Non è facile scrivere una favola moderna con questa armonia e vitalità, Lecca ci è riuscito, emozionando i lettori senza confonderli, con un linguaggio vivace e limpido, che evoca immagini e trasporta lontano. Antonio Strepparola | |
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Data ultimo aggiornamento: Venerdi' 22 marzo 2013 |
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