Descrizione | |
La scrittura entra a far parte del lavoro dello psicoanalista più di quanto non venga comunemente riconosciuto. La scrittura del caso clinico è certamente l'uso più evidente, ma esistono molte altre declinazioni: il suo valore nella formazione, l'appunto quotidiano per fermare un pensiero dopo la seduta, la spinta a scrivere sulla propria stessa analisi e, su scala più ampia, la traduzione dei testi e l'importanza che questa ha nel pensiero psicoanalitico di un'area culturale.
Perché lo psicoanalista - che
non è scrittore per professione - sente la necessità di scrivere? C'è un filo che lega scrittura e transfert? E, viceversa, quali sono gli ostacoli che possono rendere difficile, ad uno psicoanalista, lo scrivere? Il punto focale delle riflessioni proposte nel volume sta nella convinzione che, quando si scrive, si trovano nuovi punti di vista, angolazioni inaspettate del pensiero. Il passaggio dal pensiero alla scrittura comporta un inedito processo di elaborazione; in coerenza con un cardine del pensiero psicoanalitico, la psiche tende al trasferimento e, ad ogni passaggio, perde qualcosa della vecchia postazione per acquisire altro, in un movimento interminabile di nuove rappresentazioni. La scrittura fa parte di questo percorso, e allo stesso tempo lo orienta. Il pensiero che precede e accompagna la scrittura fa pensare ad un errare, per tentativi ed errori, in un labirinto dove il vagabondaggio è consentito sapendo che il filo di Arianna, le parole per scriverlo, ci orienteranno verso l'uscita. | |
Scheda creata Venerdi' 15 aprile 2016 | |
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