La collana Nuovi Oscar Storia | |
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Nel 2002, Anno internazionale della montagna, gli alpini festeggeranno 130 anni. Ma probabilmente non sarà un compleanno felice, poiché con la fine del servizio di leva, prevista per il 2005, si concluderà anche la gloriosa storia delle Penne nere. Il montanaro-soldato che, aggrappato alla roccia o al ghiaccio, sa tenere duro fino al sacrificio, rappresenta un'immagine trascorsa indenne attraverso l'intero Novecento, dal Carso alla Russia. Canti malinconici, veci-bocia, bevute omeriche sono penetrati nell'Italia delle vallate, diventando un fatto di costume e perfino di identità. Il bel libro di Gianni Oliva ripercorre la storia del leggendario corpo, che nacque per l'iniziativa di Giuseppe Domenico Perrucchetti, un capitano di Stato Maggiore appassionato di vette, e di Cesare Ricotti, ministro della Guerra, che dieci anni prima, insieme a Quintino Sella, era stato tra i fondatori del Club Alpino Italiano. L'obiettivo era affidare la difesa dei confini alpestri, non a una truppa generica, ma a soldati in possesso di una conoscenza nativa delle regioni. Ciò comportava un reclutamento su base territoriale, che era guardato con diffidenza dalle gerarchie. Ma nelle vallate il rischio di insubordinazione era bassissimo, grazie a una cultura saldamente conservatrice, cattolica e monarchica. Basti dire che un fenomeno come la renitenza alla leva, che a Napoli superava il 57%, in Val Canonica scendeva allo 0.69%. Il primo contingente alpino comprendeva duemila uomini, ma già nel 1873 poteva esibire il cappello alla calabrese con la penna nera, che sarebbe diventato l'emblema del corpo. Il battesimo del fuoco venne con la guerra d'Africa nel 1887, ma curiosamente le sole vittime furono stroncate dalle malattie tropicali. Purtroppo agli alpini, e non solo a loro, sarebbe stato richiesto nel corso del secolo un drammatico tributo di sangue. Ma le Penne nere avrebbero dato ottima prova di sé anche nelle operazioni di pace. Che ora questa tradizione delle genti di montagna si avvii al tramonto non può non dispiacere, soprattutto a chi ritenga gli alpini uno dei pochi miti davvero nazionali e popolari del nostro Paese. Franco Brevini, Il Corriere della Sera, Cultura | |
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