Un bibliofilo segnala presso un antiquario fiorentino il manoscritto autografo del primo libro di Mario Luzi (La barca, 1935), che l'autore credeva perduto, arricchito di altri inediti. Acquisito al Centro Studi "La barca" di Pienza, il prezioso documento mette in campo anche una trentina di poesie giovanili (anni 1933-35), assolutamente inedite, ora pubblicate a quasi settant'anni dalla loro composizione, senza ritocchi da parte dell'autore, ri-lettore di sé stesso, a così tanta distanza di tempo. In questi inediti il vivente, così desideroso di essere "fisica perfetta" e assolto in canto nel primo volume luziano, appare invece nell'evidenza del suo "dolore" e della sua "fatica" (spesso materialmente intesa) e l'esito di struggente malinconia si alterna alla tensione verso il viaggio e il volo, preannuncio di La barca. Per questo è forse possibile ravvisare una stagione per certi versi autonoma e precedente il sorprendente esito di La barca, che è comunque connessa a questi testi, come la parte emersa di un iceberg. Acerbità e nettezza di voce si intrecciano in poesie che svariano dall'io al noi, dalla messa a fuoco di figure della condizione umana alla ruvida vivezza degli affetti. Una propensione speculativa e una già assai personale elaborazione della lingua, modellata su un sostrato evidente di latino, costituiscono il fascino di questi versi d'epoca, ma per nulla archeologici, intenti come sono a far "crescere in cuore / disperatamente un canto d'amore". Stefano Verdino | |
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