La collana Biblioteca Adelphi | |
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Nel 1969, dopo vent'anni di esilio (e trentacinque dalla pubblicazione delle Confessioni di un borghese, il primo suo volume di memorie), M rai decide di sfogliare quell'album di immagini morte che si porta dentro e di raccontare gli anni atroci del dopoguerra In un montaggio implacabile e sontuoso ci fa sfilare quelle immagini davanti agli occhi: dall'apparizione fantasmagorica dei russi sulla sponda del Danubio alle rovine di Budapest, dove M rai va a cercare quel che è rimasto della "vecchia vita" e trova la sua casa ridotta a un cumulo di macerie E poi il faticoso ritorno a una parvenza di normalità in una città dove tutti odiano tutti E ancora il tentativo, nell'aprile del '46, di ritrovare quell'Europa tanto amata e idealizzata, che ora gli appare "sterile, dal vago odore di cadavere, come immersa nella formalina" Sarà, una volta ancora, il desiderio di scrivere nella lingua materna a fargli decidere di tornare in un Paese mutilato, dissanguato, atterrito, sul quale il feroce processo di sovietizzazione stende una ragnatela che si fa "ogni giorno più fitta e appiccicosa" Infine, dopo un anno e mezzo, nel settembre del 1948, quando gli è stata ormai tolta la libertà di scrivere ("Il papa letterario dei comunisti, uno studioso di estetica di nome Gy”rgy Luk cs," annota M rai nel diario "mi decapita nella rivista del suo partito") e, soprattutto, la libertà di tacere, la decisione di andare via, o meglio di "andare verso qualcosa" A spingerlo è la "nostalgia della Terra": il desiderio di "vedere quello che dalla coffa dell'albero maestro della caravella di Colombo aveva visto il mozzo quando, all'alba, con la voce rotta dall'emozione, aveva gridato: "Terra, terra!"" Fra i molti che hanno raccontato quegli anni in Europa, M rai spicca per la potenza della parola, per la perfetta lucidità della mente e per la sua capacità di mostrarci la guerra e ciò che ad essa è seguito come varianti di un identico orrore | |
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