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Atti dell'undicesima assemblea generale della Pontificia Accademia per la vita. Riproduciamo una parte dell'intervento di mons. Elio Sgreccia " Rimane però vero che, quantunque la salute non rappresenti il bene ultimo della persona, essa costituisce comunque un bene molto importante che esige il dovere morale di conservarla, sostenerla e recuperarla; prevenzione, cura e riabilitazione sono impegni rivolti alla promozione del bene "salute" e all'eliminazione del suo contrario, cioè la malattia Ma da quando la OMS ha definito la salute come "completo benessere di natura fisica, psichica e sociale", questo valore è diventato utopico e mitico, inducendo un concetto di benessere edonistico e, talvolta, con significati perfino letali Basti pensare al fatto che, a motivo della salute della donna, è stato legalizzato l'aborto, e per realizzare i programmi della cosiddetta "salute riproduttiva", oltre all'aborto, si propongono campagne di sterilizzazione, di diffusione della contraccezione di emergenza, ecc; tutto ciò, si dice, allo scopo di tutelare un bene, la salute, ma di fatto attraverso la soppressione e la negazione di un bene più grande che è la vita del figlio Fin dove arriva, allora, il cosiddetto "diritto alla salute"? Esiste un diritto alla salute "a tutti i costi"? O esiste piuttosto un diritto alle cure? Ma quello che maggiormente meriterebbe di essere messo in luce - e speriamo che il Congresso della PAV consenta questa indagine - è la motivazione di fondo che ha consentito questo viraggio concettuale dei due termini, da un significato del tutto accettabile ad un significato negativo per la vita stessa, in qualche modo al servizio di una cultura della morte Come è avvenuto questo? Mi sembra di poter accennare almeno ad una causa profonda; non so se vedo giusto! E' avvenuta, se così si può dire, una specie di congiunzione di fattori: a) un fattore di natura filosofica, ovvero l'emergenza di una filosofia utilitarista ed edonista; il bene è ridotto a ricerca del piacere e sconfitta dal dolore, (è la definizione di J Bentham); anzi, secondo P Singer, la vita personale è definita dalla capacità di sentire piacere e/o dolore b) un fattore più ampiamente culturale: il secolarismo etico e l'indifferentismo Non esiste l'aldilà, non esiste l'eternità beata, né ha senso il dolore (vedi il Manifesto sull'Eutanasia dell'anno '74), quello che conta è lo spazio terreno di benessere c) un fattore economico-sociale La disponibilità vera o presunta del benessere economico-sociale che è il fine della politica mondiale E' compito della Accademia per la Vita rintracciare questa "congiunzione perversa di astri" per poter suggerire una visione correttiva e un orizzonte diverso di speranza Specialmente di fronte ai dati di malessere ed infelicità che si constatano in relazione alla diffusione delle cosiddette "malattie del benessere", al crollo antieconomico della natalità in termini demografici proprio a carico dell'occidente e in termini di miseria del terzo mondo " | |
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