Descrizione | |
Un paesaggista che dalla laguna risalì fino al Tirolo e raccontò questi viaggi pittorici attraverso i quadri, le incisioni e i disegni: questo era Pietro Marchioretto, vissuto tra il 1761 e il 1828. Nato a Lamon, morto a Telve in Valsugana, l’artista viene ora riscoperto da Paolo Conte. Con la passione dello studioso dell’arte e della storia, con la costanza e la pazienza del detective ma anche con un pizzico di fortuna, Conte ha lavorato per venti anni a costruire la biografia e trovare le opere di Marchio
retto. «L’idea del libro nasce 3-4 anni fa» spiega Conte «ed era praticamente pronto, quando ho scoperto altri sette quadri e una lettera, tutti inediti». A quel punto non è rimasto che rifare il libro. E chissà che di quadri non ce ne siano ancora, presso collezionisti privati soprattutto del Trentino, luogo dove Marchioretto ha vissuto a lungo (in Valsugana ma anche in altre città). Chi era Pietro Marchioretto? Pochissimi coloro che se ne sono occupati prima di Conte: Nicolò Rasmo nel 1943, Ignaz Mader che per primo parla delle incisioni e le pubblica, il lamonese Liberale Paganini che scoprì il vero anno di nascita, dopo che per decenni era stata indicata nel 1772, alcuni storici dell’arte tedeschi nei primi anni del Novecento, e Giorgio Lise, che lavorava al museo del Castello Sforzesco di Milano e che pubblicò per la prima volta i quadri di Marchioretto. Ma nessuno è arrivato a un lavoro così ampio, così completo della vita e delle opere di Marchioretto, con molti documenti, la gran parte dei quali è conservata nel Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum di Innsbruck. Perché un lavoro così imponente e approfondito su Pietro Marchioretto? Non solo perché si tratta dello studio di un lamonese su un altro lamonese, ma «soprattutto per assegnare a Marchioretto un posto nella storia dell’arte veneta, seppure possa essere considerato un paesaggista minore» spiega Conte che aggiunge: «Anche la storia artistica dell’Alto Adige non può fare a meno di riconoscerlo come protagonista. Lui operava i n quello che allora era il Tirolo, che scendeva fino alla Valsugana. Nella stessa epoca, all’inizio del 1800, esisteva un cenacolo di artisti, attorno all’Arciduca Giovanni d’Austria, che diede vita al viaggio pittorico in Italia, dal nord al sud. Marchioretto negli stessi mesi era impegnato nel viaggio dal sud al nord, dalla laguna verso il Tirolo. Gli uni e gli altri diffondevano le bellezze del territorio, dell’ambiente attraverso le incisioni e le stampe». Pietro Marchioretto ebbe una vita piuttosto avventurosa. Nacque a Lamon, dal secondo matrimonio di Giovanni Maria Marchioretto e Francesca Fiorenza, nel 1761. I suoi biografi, quando ancora era in vita, posero la data di nascita nel 1772 e l’errore venne ripetuto spesso, fino a quando Liberale Paganini riportò un riassunto dell’atto di nascita. La copia dell’atto è stata trovata da Conte negli archivi della parrocchia e riportata in questo libro. La prima biografia di Marchioretto è opera di Antonio Frigo, arciprete di Borgo Valsugana, scritta tra il 1812 e il 1814 quando l’artista lamonese era ancora in vita e viveva a Telve Valsugana. Secondo il sacerdote Marchioretto se ne va di casa a 13 anni, dopo il terzo matrimonio del padre. Si reca dapprima a Bassano dove ricopia e vende le immagini sacre tratte dalle stampe dell’editore Remondini. Poi lo ritroviamo a Ramon di Loria, vicino a Castelfranco Veneto, dove è a servizio di un contadino. Qui viene notato per la sua abilità nel disegno dal nobile veneziano Pietro Civran che av eva alle sue dipendenze, come accadeva allora, un artista, il bellunese Giovan Battista Lazzarini, con il quale Marchioretto ebbe la sua prima vera formazione artistica. Le sue tracce si ritrovano a Venezia dove nel 1791 è indicato come «“angente” di Pietro Civran», cioè lavorava per lui, come domestico o con maggiori responsabilità. Nello stesso anno muore Lazzarini che lo indica come erede di parte dei suoi beni. Vive bene, ora, Marchioretto. Nel 1797 incontra il pittore goriziano Francesco Causig, suo se condo maestro. E’ di quegli anni anche l’incontro con l’incisore Gaetano Zancon, con la pubblicazione a Venezia di dodici incisioni su rame: i dipinti sono di Marchioretto, le incisioni di Zancon. Da Venezia, Marchioretto passa a Verona e poi a Bressanone, dove avvia una attività insieme allo stesso Zancon e allo stampatore Bisdomini che proseguirà per un paio d’anni con la produzione e la vendita di opere pregevoli, una ventina. Il pittore lamonese si sposta poi in Valsugana e a Trento, mentre le sue opere vengono diffuse sotto forma di incisioni nel mondo tedesco, dal 1806 al 1820. A Telve Valsugana Marchioretto si stabilisce attorno al 1811, dopo il matrimonio con Elisabetta Franceschi. Dalle lettere trovate da Conte, ci sono tracce di rapporti con nobili e personaggi conosciuti del Trentino, a testimonianza che il pittore aveva raggiunto una buona fama. Marchioretto è morto nel 1828 a Telve. Il libro di Conte non si ferma ovviamente alla biografia, ma si occupa della formazione artistica, della sua attività pittorica, dei tentativi di incisioni realizzate da lui stesso. Racconta anche la tormentata collaborazione con il bassanese Zancon. E soprattutto presenta un ricco catalogo di opere. Ci sono i 28 quadri di paeaggi e i cinque di figure che sono stati trovati da Paolo Conte, sette addirittura quando il libro era ormai stato completato. I quadri sono conservati presso collezionisti privati, mentre sei sono nel Castello del Buonconsiglio a Trento. Sessantuno sono le incisioni, qu attro realizzate dallo stesso Marchioretto, che si trovano sia in collezioni private che in musei come il Correr di Venezia, a Bassano, a Padova e altrove. E poi ci sono i disegni, due quaderni sono conservati al museo di Innsbruck. Nella parte finale del libro, ci sono i documenti, altrettanto importanti: le lettere, i manoscritti, gli atti che testimoniano la lunga e avventurosa vita di Marchioretto. Mantenne rapporti con Lamon, il paese dal quale era praticamente scappato a soli 13 anni? «C’è una testimonianza di questi rapporti mantenuti, in una lettera in cui Marchioretto chiede i beni della madre». E c’è un’opera che quasi nessuno conosce, ospitata in un capitello di Lamon, dedicato alla Madonna di Caravaggio. D’altro canto la distanza tra Telve e Lamon è piuttosto limitata. Il lungo lavoro di Conte si conclude con un auspicio: che possa servire a far ritrovare altri disegni, dipinti e incisioni che permettano di arricchire la conoscenza di un pittore tra i protagonisti dell’arte veneta, ma anche dell’arte del Trentino Alto Adige a cavallo tra i due secoli. Corrirere delle Alpi 12 maggio 2007 | |
Scheda creata Venerdi' 23 agosto 2013 | |
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