Il libro di Cesare Pagazzi si concentra su un aspetto a tal punto ordinario e abituale della vita cristiana da apparire quasi ovvio: il legame fraterno L'ovvietà è favorita dal carattere universale del fenomeno e dal fatto che, almeno per i cristiani, la fraternità spesso appare a tal punto scontata da provocare scandalo quando mostra il proprio volto affaticato e, per certi versi, perfino oscuro Appropriandosi dello sguardo che le Sacre Scritture gli rivolgono fin dall'inizio, il vincolo fraterno è presentato qui nella sua 'non-ovvietà', anzi nel suo aspetto drammatico che mette in gioco l'immagine della vita, di Dio e quindi la fede Ben lontana dall'enfasi illuministica (unità, uguaglianza, fraternità) e da una certa retorica 'intraecclesiale', la Bibbia riconosce alla fraternità innanzitutto la caratteristica della prova (Caino e Abele, Giuseppe e i fratelli.) che porta alla luce la paura della morte e i suoi malcelati sintomi Prima di essere questione di buona educazione o generica carità, il legame fraterno è una prova della fede Dalle pagine bibliche la fraternità appare come 'provocazione' alla coscienza, chiamata a decidere se vedere nel fratello il rivale che minaccia l'unico posto a disposizione nel cuore dei genitori e nella vita, ovvero l'occasione di professare la fede nel Primogenito dei morti, che, provato in ogni cosa, non si vergogna di chiamarci fratelli e, liberando dalla paura della morte, apre la via alla casa dove si trova il posto unico per tutti | |
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