Che cos'è dunque la felicità, mio caro amico? E se la felicità non esiste, che cos'è dunque la vita?, chiede Giacomo Leopardi all'amico belga A Jacopssen Perché l'uomo sia protagonista della sua storia, occorre che mantenga viva questa domanda nella sua forma primigenia, come esigenza di felicità infinita L'opera, frutto di molteplici letture e di anni di insegnamento, si propone come un originale percorso letterario ed esistenziale, nel tentativo di riproporre in tutta la sua ampiezza la domanda del Recanatese e di suggerire un'ipotesi di ricerca nel confronto costante fra lui e altri grandi autori della tradizione La struttura è quadripartita - Nella prima parte si indaga il cuore dell'uomo come capacità ed esigenza di infinito - Nella seconda parte vengono esaminati i palliativi cui l'uomo ricorre per sopperire al desiderio di felicità - Nella terza parte ci si sofferma su alcune intuizioni che il Recanatese ha riguardo al raggiungimento della felicità Tra queste, la più geniale è la necessità che l'Infinito si possa incontrare nella propria vita, si renda sperimentabile - Nella quarta e ultima sezione (La felicità) si parte proprio dall'esperienza dell'incontro, della conversione e del fascino della vita cambiata (Milosz, Manzoni, Dante, Calvino), cui non è risparmiato il mistero della sofferenza (Mounier) Alla luce dell'incontro con Cristo e della fede, si può fin da ora intuire il compimento dell'umano, da cui dipende la pienezza della felicità, e nella chiamata individuale a un destino eterno riscoprirsi per davvero protagonisti della Storia (Cesbron) | |
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