Descrizione | |
Le verdeggianti pendici settentrionali del Col Nevegal, a pochi chilometri da Belluno, sono solcate da numerose valli selvagge e solitarie, scavate da impetuosi torrenti nel corso dei millenni. Una di queste è la Valle di San Mamante, martire cristiano vissuto in Cappadocia nel terzo secolo dopo Cristo. Al Santo è stata dedicata la chiesetta che si trova all’ingresso della valle. In questo piccolo santuario sono custoditi numerosi ex voto offerti dai fedeli in segno di riconoscenza per una gr azia ricevuta. Sono infatti numerosi i miracoli attribuiti a San Mamante, come ad esempio quello di aver liberato la valle da pericolose serpi, oppure quello dell’acqua terapeutica fatta sgorgare da una roccia situata nelle vicinanze della chiesetta. Tra i tanti segreti che la Valle di San Mamante custodisce ce n’è uno attualmente non ancora svelato: quello del misterioso occhio sapientemente scolpito sulla superficie levigata di un masso che si trova sul greto del torrente Turriga, nella parte al ta della valle. Incuriosito e desideroso di mettermi in gioco buttandomi in una allettante avventura, ho cercato di dare una risposta al mistero di quell’occhio che la valle gelosamente custodisce da chissà quanti anni. Non è stato facile trovarlo. Il luogo è infatti selvaggio e pieno di insidie: i versanti sono molto ripidi, franosi e spesso interrotti da improvvisi salti di roccia. Inoltre, giunti sul greto del sottostante torrente, è un’impresa fare anche solo qualche metro là dove il canyon si restringe tra rocce incombenti, impetuose cascate e passaggi obbligati su massi viscidi o dover nuotare in pozze profonde. Dopo vari tentativi, alla fine sono riuscito nel mio intento. In seguito ho pensato di scrivere in un libro – che ho intitolato appunto:” L’occhio di San Mamante” – una storia che potesse rivelare il significato della strana scultura. Fin qui, nulla di straordinario, se pensiamo alle numerose leggende che fioriscono attorno alle figure dei santi, oppure ai tanti manufatti dal l’aspetto strano ed enigmatico che hanno da sempre stimolato la fantasia degli studiosi o, semplicemente, dell’uomo della strada. Il tema dell’occhio di San Mamante diventa però nel libro un pretesto per allargare il discorso ed abbracciare uno dei tanti misteri che ci circondano, quello della morte. Ho cercato di trovare una spiegazione a questo tema esistenziale e, come nel libro precedente ho scomodato lo scrittore Dino Buzzati morto da alcuni decenni, qui ho scelto San Mamante. Li ho presentati come fossero ancora vivi, in carne ed ossa ed ho perciò dato loro un aspetto fisico, una voce, un’anima fatta di sogni, speranze, sentimenti e li ho fatti dialogare con persone con le quali potessero confidarsi come si fa tra amici in buona sintonia. Ed in sostanza è questo il messaggio che vorrei trasmettere: un messaggio di speranza in una continuità di vita dopo la morte -mi piace pensare ai morti come esseri invisibili, ma spiritualmente presenti accanto a noi e, dentro certi limiti, ancora operanti. In questo libro ho anche colto l’occasione per raccontare me stesso identificandomi con il protagonista Angelo Sogne con il quale, scusatemi il gioco di parole, ho sognato e realizzato tanti progetti, come ad esempio alcune avventure in montagna molto avvincenti e significative, in lieta compagnia di amici ben sintonizzati, validi e generosi. Un altro mio sogno è stato quello di veder realizzata questa mia modesta opera che spero venga apprezzata, perché anche di questo gli scrittori han no bisogno. | |
Scheda creata Venerdi' 30 dicembre 2016 | |
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