Descrizione | |
In molti luoghi del nostro Paese la mentalità mafiosa si insinua nel modo di pensare comune. È la mentalità dei boss, delle donne di mafia e dei giovani in carriera nelle cosche, ma anche quella che si respira nelle relazioni, nelle parole e nei silenzi delle città. Piegate al raggiungimento degli scopi criminali dei clan, le regole «educative» criminali si impongono nelle comunità locali e insegnano il potere della forza, l’importanza di riprodurre modalità rigide e ripetitive di comportamenti sociali – come la riscossione del pizzo – mostrano che chi apprende, dopo essere stato messo alla prova, ottiene fiducia e fa carriera. L’educazione dei giovani criminali, allenati a collocare in secondo piano i sentimenti e l’amicizia, avviene sul campo, anche attraverso le condanne, pure feroci, di coloro che sbagliano, dimostrazioni lampanti che uno sparuto gruppo di persone riesce ad «ammaestrare» interi quartieri e intere città. Una vera e propria «pedagogia mafiosa» che si può contrastar e solo con un’educazione alternativa. Sommario -Prefazione (Goffredo Fofi). -Elenco delle cose che mi piacciono del Sud. -Un emigrato al contrario. -Immagina la vita condivisa. «Cattivi» a chi?. -Una giustizia di sostanza. -Come educa la mafia. -«Tutta colpa delle donne». -Genesi criminale. -Riti di sangue. -Antagonismo costruttivo. -Riprendersi i diritti. -Riprendersi la politica. -Non stare alla finestra. -La legalità con i beni dei mafiosi. -Oltre la cronaca nera. -La prudenza in sacrestia . -Il festeggiato non è il boss. -Una Chiesa ribelle. -Essere costruttivi. -Bande musicali e bande criminali. -Rimettere in cammino la speranza. -Ballata dell’antiracket. | |
Scheda creata Giovedi' 23 febbraio 2017 | |
La collana Lapislazzuli | |
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