L’esperienza filiale accomuna ogni essere umano e lo coinvolge sia a livello psicologico sia nella relazione con Dio. Il testo si propone, quindi, di aiutare il lettore a conoscere in modo più approfondito il significato e la bellezza del suo “essere figlio”, per introdurlo in un percorso ulteriore: quello della sua relazione personale con Dio. Vengono così descritte le diverse tappe di tale itinerario: - una riflessione sul fenomeno percettivo aiuta a comprendere come il nostro modo di cogliere la realtà – Dio incluso – è spesso “malato” e necessita di una guarigione profonda; - l’analisi di alcuni meccanismi di difesa, che spesso ci abitano a nostra insaputa, permette di scoprire come siamo sovente tentati di attribuire ingiustamente a Dio atteggiamenti severi, duri, punitivi. Lo trasformiamo in un nonno eccessivamente benevolo, in un giudice o un professore esigente e interpretiamo la sua volontà come una sorta di spada di Damocle che pende sulle nostre teste; - una riflessione sul tema della fiducia offre non solo spunti di comprensione, ma anche suggerimenti concreti per incarnare questo atteggiamento filiale per eccellenza. Nella parte finale vengono presentati i voti, come terapia della figliolanza perduta: essi si configurano, infatti, come rimedio privilegiato per combattere i nostri limiti – in particolare il narcisismo e l’autosufficienza – e, nello stesso tempo, come occasione di crescita nel rispondere al “grande amore” del Padre. | |
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Data ultimo aggiornamento: Lunedi' 14 maggio 2012 |