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ANGELINI CESARE
ANGELINI CESARE, La vita di Gesù narrata ai ragazzi, Lindau
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«Ha detto Bousset che non si conosce veramente e utilmente Dio, se non attraverso Gesù, la cui viva presenza conta a tal punto che, se la togliessimo, ne resterebbe modificato tutto il concetto del mondo. Perché egli è un elemento permanente della nostra organizzazione spirituale. In lui il mondo ha trovato la sua luce: la Luce che illumina la stessa Bellezza di Atene, purifica la Forza di Roma. E qui siamo, naturalmente, alla Vita di Gesù. Non suggeriremo i criteri con cui andrebbe scritta; e poi, ciascuno ne ha dei suoi personali.

Qui si dice solo che, per scrivere la vita di Gesù, bisognerebbe prima avere molto amato e molto camminato, per giungere, freschi, alla sua raggiante presenza. Poi si aggiunge che, più la narrazione aderirà al racconto evangelico – dove quella sua vita si inventa ogni giorno – e più sarà lirica; e più avremo un Gesù vivo. Bisogna persuadersi che chi voglia ricostruire una “vita di Gesù” nulla ha da aggiungere ai Vangeli: tutto l’incanto è già lì, e tutta la pienezza.
O , se qualcosa proprio si vuol aggiungere, ecco, innamoriamo la fantasia del fanciullo nel Quinto Evangelo che è la Terra Santa: il suo paese.

Naturalmente in una “vita” scritta per fanciulli, dovrà aver vivo spicco l’aspetto particolarissimo di Gesù amico dei fanciulli, che spesso li chiama volentieri a Sé e li abbraccia (sinite parvulos…); rivela loro mirabili cose (“i vostri Angeli in cielo vedono Dio faccia a faccia…”); difende il loro puerile decus contro le accuse e gli scandali degli incauti (“Guai a chi scandalizzerà uno di questi piccoli…”); li esalta e li propone a modello dei grandi (“Se non diventerete simili a questo fanciullo, non entreret18.18 31/10/2012e nel Regno”). Se non diventerete simili…

Noi abbiamo dimenticato che secondo la pedagogia di Gesù, il fanciullo è un nostro superiore: egli ha ancora tutto quello che noi abbiamo perduto.

O ancora il privilegio che loro usa: “Le mie cose le rivelo ai piccoli e le nascondo ai grandi”. Mai nessuno ha parlato così bene al fanciullo.
Ma in nessun punto mai, anche parlando ai pusilli, la parola di Gesù è dottrina di pusillanimi: essa è sempre dottrina da forti, da audaci che non si fermano davanti all’ostacolo, ma attaccano e lo rovesciano: “Guai a chi pon mano all’aratro e poi si volta indietro”. È sempre lievito di certezza, di forza, di giovinezza; serbatoio d’entusiasmo lirico per quando si disabbelliscono i sogni della vita.
È una dottrina che ci permette d’aver sempre vent’anni.»
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Data ultimo aggiornamento: Mercoledi' 14 novembre 2012