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SERT MISIA
SERT MISIA, misia, ADELPHI
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«L'unica donna di genio che abbia mai incontrato» affermò, perentoria, Coco Chanel (la quale volle occuparsi personalmente della sua toilette mortuaria). Del resto, era stata proprio Misia a intuire nella taciturna modista di provincia un diamante allo stato grezzo – giacché era appunto questo il suo grande talento: fiutare il talento negli altri.

Fu così che la «bella pantera imperiosa e sanguinaria» (Eugène Morand), con il suo «viso dolce e crudele di gatta rosa» (Jean Cocteau), accompagnò e protesse (per poi, a volte, disfarsene con noncuranza) pittori, musicisti, scenografi, ballerini e coreografi negli anni leggendari dell'avanguardia parigina – quando le scoperte dell'arte erano anche eventi mondani e gli eventi mondani lanciavano un nuovo stile di vita.

Di quell'epoca Misia fu l'incontrastata sovrana: Mallarmé le dedicò un ventaglio, Renoir la pregava di scoprire un po' il seno mentre la dipingeva (ma lei si fece ritrarre nuda solo da Bonnard: per ripicca nei confronti del secondo marito che la tradiva con una giovane attrice), Diaghilev (da lei definito «domatore e mago») ricorreva tempestosamente al suo aiuto, Proust rispondeva ai suoi rimproveri, e Ravel le dedicò Le Cygne e La Valse. Come ha scritto Mario Praz, per lei la vita «era essenzialmente libertà, eterno fluire, divino imprevisto».

Queste sue memorie sono insieme il romanzo di un'esistenza cosmopolita, avventurosa, piena di amori e di furori, e l'evocazione di un'epoca che ha ormai acquistato i tratti del favoloso e del remoto
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Data ultimo aggiornamento: Martedi' 20 novembre 2012